venerdì 3 dicembre 2010

La Confraternita del Santo Monte dei Morti

Come a Molfetta, anche a Terlizzi, un tempo esisteva un pio sodalizio che si occupava del culto dei morti e delle anime purganti.

La Confraternita del Santo Monte dei Morti, in tempi più recenti chiamata semplicemente Congrega della Morte, nacque ad opera di un gruppo di zelanti professionisti e di nobili, con a capo l’avvocato Cesare Zappa, in una chiesetta al di fuori delle mura medioevali dedicata a Santa Maria Maddalena.

La confraternita riscosse, col tempo, il grande favore della gente, soprattutto tra le classi più basse che non potevano permettersi una degna sepoltura, garantita invece a tutti i confratelli nelle cripte della Chiesa della Maddalena.

A distanza di qualche decennio, nella stessa chiesa trecentesca, andarono a insediarsi due nuovi sodalizi: quello di San Carlo Borromeo, fondato pochi anni dopo la santificazione del cardinale milanese da un gruppo prevalentemente composto da aristocratici terlizzesi, e quello dell’Immacolata che secondo il progetto iniziale doveva inglobare i due precedenti.

A questo punto fu indispensabile per le tre confraternite disporre di una chiesa più grande poiché l’antica chiesetta era diventata ormai inadatta ad accogliere la moltitudine di fedeli.

E così nell’area antistante il tempietto trecentesco, venne costruita la nuova chiesa, dedicata al Santo Monte Purgatorio e corrispondente alla navata centrale dell’attuale chiesa dell’Immacolata.

A destra e a sinistra di quest’aula, pian piano, i signori locali vi federo aprire delle cappelle, che nell’Ottocento vennero messe in comunicazione tra loro, rendendo la chiesa a tre navate.

Ai principi del Settecento, per volontà testamentaria del nobile Antonio Lioy, andò a formarsi, sulla falsariga del capitolo collegiale di S. Michele Arcangelo, ma in antitesi a questo, un capitolo composto da dodici canonici con a capo un Prefetto, che il popolo non esitò a chiamare selvaggio (illegale). Il Monsignore Antonio Pacecco, in visita apostolica a Terlizzi, vide di buon occhio quella istituzione per il suo allineamento all’autorità del vescovo diocesano. Intervenne anche personalmente per consolidare le tre confraternite, unendole sotto l’unico titolo di Monte dei Morti o Purgatorio e dotandole di uno statuto sociale.

I tre sodalizi unificati ebbero il regio assenso con decreto datato 19 ottobre 1776.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento, essendosi ridotto notevolmente il numero dei membri, la Congrega della Morte divenne il tronco sul quale si innestò la nuova confraternita della Madonna del Riposo.

Alla ricerca di una propria identità, il sodalizio acquistò nel 1920 l’oratorio privato della famiglia Carelli dedicato ai tre patroni biscegliesi Sergio, Mauro e Pantaleone, che assunse in seguito il nuovo titolo di Chiesa della Madonna del Riposo.

Dopo qualche anno, però, la confraternita si scisse in due tronconi: uno continuò a esercitare nell’oratorio di Torre Carelli mantenendo il titolo di Madonna del Riposo, e l’altro tornò a riappropriarsi dell’antico titolo del Santo Monte del Morti trasferendosi nella chiesa del cimitero, laddove la confraternita continuò il culto dei morti e del suffragio delle anime.

Durante le ricerche di queste informazioni, mi sono imbattuto in una curiosa testimonianza di Mons. Gaetano Valente che ricorda la figura austera di un vecchio confratello che, alla stregua degli incappucciati medioevali, con un teschio di legno ben lucido su una mano e un campanello nell’altra, girava nelle strade del paese e fermandosi, a voce spiegata, gridava: “ricordatevi dei poveri morti”, senza mai mancare di suscitare la pietà dei buoni per qualche spicciolo, che raccoglieva nel suo teschio-salvadanaio e che poi la congrega devolveva per messe in suffragio.


Testo e foto di Francesco De Nicolo

Le due foto: altorilievo di teschio nella parrocchia Immacolata; chiesa del cimitero


venerdì 5 novembre 2010

Il 2 Novembre a Terlizzi

E' un mistero tutto ciò che vive e muore nel creato. Di fronte alla morte l'anima dei nostri progenitori si riempiva di una nuova misteriosa paura: cosa è la vita?...Una speranza continua?...Un'illusione eterna?....Un sogno morente?...
Il nostro popolo ha cercato nel tempo le sue certezze e ci ha tramandato le sue risposte: sìm nòddə mùrtə; mén də nùddə sènz'u arrecùrdə (siamo niente dopo morti; meno di niente senza il ricordo).
Allora è dovere ricordare e, da tempo immemorabile, ci indicano come. Un tempo non c'era il Camposanto ed i morti si seppellivano negli "ossari" delle chiese. Non si usavano neanche le bare individuali ed ogni morto veniva trasportato in una cassa comune, portato a spalla da 4 persone di riguardo, scelte dalla famiglia. Per le fanciulle era d'obbligo che i 4 fossero celibi. Di qui un'antica e mesta canzone terlizzese: vulàiə murèiə, p sci 'ngùddə, àllə vacandèiə (voleva morire, per essere trasportata dai celibi).
Il corteo funebre era una vera e propria processione con le candele accese. In chiesa dopo la messa, il rito funebre si concludeva con la discesa del corpo del morto dell'ossario comune a tutti i parrocchiani, salvo i ricchi ed i nobili che avevano le loro cappelle o altari di famiglia all'interno della stessa chiesa. L'ossario comune consisteva in un ampio, chissà quanto tetro, "stanzone" con sedili di pietra lungo le pareti ed il "compare della ginocchiata", una persona di riguardo scelta dai famigliari del morto, dava, appunto, una ginocchiata al corpo perché rimanesse seduto accanto agli altri defunti. Pare che poi il corpo venisse ricoperto di calce e l'ultima operazione fosse la "incalciatura" : è questo l'antico nome della più recente "quarticèddə" che veniva mangiata in campagna, il giorno dei morti, nella pausa pranzo, la "murènnə" dei nostri contadini.
La mattina presto di ogni 2 novembre, da secoli ormai, i terlizzesi si alzavano, come al solito, per andare a lavorare nei campi. Verso le 3 di notte andavano in chiesa, assistevano alla messa ed all'officio dei morti e portavano con , nella bisaccia, la "incalcinata" o la "quarticèddə" invece del consueto "checùzzuə", la parte estrema della "sckanàta" o di altra forma di pane antico, cui si toglieva un po' di mollica, si farciva di ricotta e veniva poi richiusa, come un tappo, dalla mollica rimossa prima. La "incalcinata" era un pane dalla forma antichissima, conservata ancora oggi nel nostro "pizzarìddə" ed è un inno alla vita cantato dalla nostra gente proprio nel giorno dedicato ai morti. La "vescica piscis" è il simbolo della vita che continua, nonostante la morte, perché la natura ha eterne le sue primavere...
Il pane, da sempre, ha rappresentato la vita per il corpo e, per estensione, il corpo stesso.
La "incalcinata" deriva dalla farcitura con ricotta "asckuàndə", quasi un "imbiancare di calce", un "purificare" un corpo che potrebbe diventare immondo per malattia o per morte, E' questo il modo scelto dei nostri progenitori per esorcizzare la paura della morte. La "quarticèddə", più recente, prende il nome dalla quarta parte del peso che aveva il pane comune, confezionato in casa, dalla nostra gente.
Questo è un tipico pane votivo che sopravvive "incorrotto" da un pre-cristiano culto per un'antica dea dell'abbondanza e della fecondità.
La ricotta inforcita, usata come farcitura, oltre all'analogia con la calce, viene ulteriormente condita con peperoncino o pepe ed alici per dare più vitalità alla riuscita della colazione.
Poiché la "quarticèddə" non era certo la colazione adatta per i bambini, i nostri saggi progenitori preparavano loro la "còlv" (un dolce al cucchiaio). La "còlv" è, quasi sicuramente, un'usanza
ereditata dai cristiani di rito greco.

Testo di Olga Chiapperini
Foto do Francesco De Nicolo

venerdì 1 ottobre 2010

Delle differenze sul culto tra Terlizzi, Molfetta e Ruvo

Nello scorso post ho detto dell’affezione che i terlizzesi hanno verso la Settimana Santa, scartando la terza delle ipotesi avanzate.

Ma l’affezione avvertita dai terlizzesi è diversa da quella di molfettesi e ruvesi. Nella nostra città infatti, la processione dei Misteri fu introdotta, o meglio reintrodotta, solo agli inizi degli anni ’80 dello scorso secolo (forse nel 1979 ?). È quindi ancora in fase embrionale quel culto particolare e quella passione che invece caratterizza la vicina Molfetta.

Per ora, quindi, a Terlizzi la celebrazione della Passione “solo” il ricordo del sacrificio di Cristo per liberare il Mondo dal peccato; a Molfetta invece è qualcosa di più e le processioni si tingono di una particolare atmosfera di strana ma profonda fede che diventa talvolta talmente intensa da diventare quasi ossessiva, esaltata dal resto da quei gioielli della scultura, opere del genio dell’arte che la città ha avuto l’onore di dare i natali: Giulio Cozzoli.

Molti molfettesi, poi, sono tanto legati ai riti della Settimana Santa da avvertire nostalgia per questi persino in pieno periodo natalizio e molti, in cuor proprio, portano un vigile conto alla rovescia che termina il Venerdì di Passione, giorno della processione dell’Addolorata (opera di G. Cozzoli) e ricomincia il giorno stesso della domenica di Pasqua.

La Quaresima vissuta a Ruvo di puglia è forse una via di mezzo tra i culti di Terlizzi e Molfetta, infatti quell’atmosfera che ho descritto per la città di mare, si attenua notevolmente per essere prevalsa da uno spirito rievocativo che porta i ruvesi a effettuare nei sette giorni della Settimana Santa, ben cinque processioni a cominciare dal Giovedì Santo fino alla Domenica di Resurrezione.

Le ragioni di queste differenze tra Terlizzi e le altre due città della nostra diocesi, possono essere spiegate considerando il fattore tempo.

Come ho detto inizialmente, a Terlizzi la processione dei Misteri fu reintrodotta solo trent’anni fa, quindi manca ancora quella secolare esperienza che invece vantano le due altre città.

Per il momento, dunque, sono davvero poche le persone che contano i giorni mancanti all’arrivo della Settimana Santa; preferendo la maggior parte contare piuttosto i giorni che mancano alla Festa Maggiore e i più piccoli al 6 dicembre, giorno di S. Nicola.

Ribadisco comunque che la Passione è ugualmente sentita dalla popolazione terlizzese che numerosissima accompagnava, un tempo la Via Crucis e che oggi accompagna la processione dei Misteri dal suo inizio alla sua fine a mezzanotte inoltrata. La gente commossa e penitente osserva sconvolta i segni che ricordano l’inumano martirio a cui fu sottoposto il Figlio di Dio e con compassione si stringe intorno l’Addolorata il Venerdì di Passione.

*Testo di Francesco De Nicolo; foto tratta dal web


venerdì 3 settembre 2010

Perchè mai, prima di ora, nessun testo sulla Settimana Santa di Terlizzi? Tre ipotesi per cercare di spiegarlo

Oggi, primo venerdì del mese di Settembre, si aprono gli appuntamenti con tema la Settimana Santa a Terlizzi. Il primo articolo si intitola: "Perchè mai, prima di ora, nessun testo sulla Settimana Santa di Terlizzi? Tre ipotesi per cercare di spiegarlo"

I quaranta giorni che precedono la Pasqua, sono tra i più significativi per la Chiesa e anche l’ecclesia di Terlizzi, come quella di tantissime altre località limitrofe e meno vicine, si prepara ai riti della Settimana Santa.

Inspiegabilmente vi è una disattenzione generale sui riti che si svolgono a Terlizzi, infatti, se provate a cercare su google informazioni o foto o video sulla Settimana Santa terlizzese, non troverete nient’altro che le informazioni e le immagini fornite dello scrivente.

Stesso copione anche se cercate in biblioteca: mai nessuno ha scritto qualcosa a riguardo, mentre sono abbondanti e dettagliate le notizie che si possono trovare sui riti di Ruvo e Molfetta.

Quale la ragione di questa gravosa lacuna di disinformazione non so spiegarla e posso solo avanzare alcune ipotesi.

La prima ipotesi è che gli autori locali abbiano rivolto il proprio interesse su quegli argomenti ritenuti misteriosi e quindi hanno preferito farvi luce ignorando, dunque, ciò che misterioso non era, ciò che è visibile a tutti come lo è una Via Crucis.

In questo senso ha lavorato ad esempio Mons. Gaetano Valente, grande storico terlizzese verso il quale va tutta la mia stima e ammirazione. Grazie al suo lavoro, sono stati svelati molti misteri della nostra città e sono state riscoperti e rivalutati uomini come padre Francesco Paolo Confreda e luoghi come Cesano e Ciurcitano.

Sarebbe quindi l’interesse degli studiosi verso quelli che ho chiamato misteri la causa dell’assenza, a questo punto “misteriosa”, di informazioni su un altro tipo di misteri: i Misteri Dolorosi della Via Crucis.

La seconda ipotesi, che mi viene suggerita dalla mia collaboratrice Maria Cristina Roselli, è che a Terlizzi, diversamente da come accade a Molfetta e a Ruvo, non è un’unica Confraternita, e nel caso l’Arciconfraternita di S. Stefano per Molfetta e l’Arciconfraternita del Carmine per Ruvo, a gestire la Via Crucis, ma questa viene organizzata con la collaborazione di tutti i sodalizi cittadini ai quali vanno aggiunti ben quattro gruppi laicali di portatori.

A giudizio di ruvesi e molfettesi, dunque, la nostra processione del Venerdì Santo, sarebbe troppo dispersiva ed entropica.

La conseguenza a ciò sarebbe quindi che non essendoci nessuna congrega l’unica responsabile del rito, nessuna di queste si sia mai interessata di sovvenzionare o commissionare un libro, come invece è accaduto con le Arciconfraternite a Ruvo e a Molfetta.

La terza ipotesi è che il popolo terlizzese sia completamente disinteressato all’argomento, e quindi, se fosse vero, come ovvio che sia, nessuno scrittore si metterebbe a trattare qualcosa che non attrae, affascina e interessa il lettore e soprattutto l’acquirente. Scarto però categoricamente quest’ultima ipotesi e a smentirla sono i fatti che dimostrano l’affezione del popolo che partecipa numerosissimo a tutte le processioni, ai riti, alle messe che si svolgono durante la Settimana Santa e posso testimoniare quanto sia difficile trovare un posto a sedere in chiesa durante le celebrazioni.

Nel mio percorso di ricerca ho ricevuto poi gli incoraggiamenti di alcuni amici terlizzesi (che in queste righe approfitto per ringraziare di nuovo) e questo dimostra quanto sia attesa la creazione di uno spazio che tratti i temi della nostra Settimana Santa.

Scartata la terza ipotesi, rimangono ancora in gioco le prime due. Probabilmente nessuna delle due è vera, forse sono vere entrambe, chissà…

Quel che è certo è che da ora in poi ci sarà qualcuno che tratterà questi argomenti.

Approfitto per augurare altri 100 anni di vita a Mons. Gaetano Valente perché con la sua vita possa continuare a illuminarci con il frutto delle sue instancabili ricerche sulle faccende e i “misteri” di questo nostro paese, patria dei fiori, dell’olio e della ceramica, molto spesso dimenticato e bistrattato.

Invito intanto tutti i lettori a lasciare sotto forma di commento la propria opinione e magari anche la propria ipotesi su quest'articolo.


*Testo di Francesco De Nicolo

*Foto tratte da Terlizzilive

giovedì 26 agosto 2010

La Settimana Santa a Terlizzi consultabile sul sito del dott. Stanzione

Da ieri sera è consultabile sul sito internet del dott. Stanzione "La mia Settimana Santa" una scheda monografica de "La Settimana Santa a Terlizzi (BA)".
Questa scheda che ho avuto l'onore di scrivere e curare è inserita nella sezione dedicata a "La Settimana Santa in Puglia".
E' per Terlizzi un importante inizio per far conoscere a tutti la propria tradizione pasquale, e l'appoggio del sito del dott. Stanzione, visitato giornalmente da centinaia di utenti, è un sicuro strumento di diffusione.
Ringrazio dunque il dott. Stanzione per la fiducia datami.

mercoledì 25 agosto 2010

Il nuovo blog: La Settimana Santa a Terlizzi

Appena due giorni fa l'amica Lucia Mozzilo ha creato il suo nuovo blog intitolato "Settimana Santa a Molfetta" con tema appunto la Passione vissuta nella città adriatica.
Oggi anche io rendo pubblico un nuovo blog: un blog di cui vado molto orgoglioso essendo questo il primo sito al Mondo presente su internet a trattare, con video, informazioni e foto il tema della Settimana Santa a Terlizzi e con titolo appunto "La Settimana Santa a Terlizzi".Quest’aria di divulgazione va a completare il già avviato e visitato “Arte, cultura, storia, politica, tradizioni del mio paese... e non solo” che ho fondato e amministro dall’inizio del 2008.
Che questo nuovo portale venga reso pubblico appena due giorni dopo il blog di Lucia, è solo una coincidenza.

Il mio progetto è stato tracciato, alcuni mesi fa, quando sono venuto in contatto col dott. Franco Stanzione che mi ha spinto, con mio immenso piacere, a creare un piccolo reportage per il sito "La mia Settimana Santa".

Perché questo progetto oggi inizia ad essere messo in pratica lo devo anche alle persone che mi hanno fornito
preziosissime informazioni sull'argomento, e in particolare devo un vivo ringraziamento all'arciprete della Cattedrale di Terlizzi don Franco Vitagliano e al membro della Confraternita di S. Gioacchino Nicolò Lovino. Ringrazio anche il clarinettista Mimmo Amorosini per avermi fornito informazioni e sopratutto alcune marce funebri e la flautista Alessandra de Nicolo per il sostegno e l'incoraggiamento datomi.